Stop agli slogan verdi senza fondamento. (Il Fatto alimentare)

Greenwashing addio? Un passo importante è stato fatto. Lo scorso 19 settembre il Parlamento europeo ha reso nota l’ultima bozza dellla nuova direttiva sui claim verdi. Se il testo sarà approvato definitivamente, dal 2026 non sarà più possibile scrivere sulle confezioni frasi come ‘impatto zero’ o ‘carbon neutral’, a meno che non sia possibile dimostrarlo. Si cerca così di porre fine all’ormai largo impiego delle diciture generiche come ‘eco’, ‘naturale’, ‘amico della natura’, che richiamano una presunta sostenibilità, a meno che questa non sia stata certificata da enti riconosciuti o dalle stesse autorità europee. Si intende inoltre interrompere lo sfruttamento, a fini pubblicitari, dello scambio di crediti di CO2 non certificati.

Le nuove regole si applicheranno a qualunque merce e non solo a cibi e bevande. Le aziende dovranno quindi riformulare le etichettature e, per vantare ogni genere di caratteristica ambientale, dovranno fare riferimento a specifici regolamenti che ne definiscono i criteri in maniera omogenea. Per una corretta etichettatura energetica, per esempio, si dovrà far riferimento al regolamento 2017/1369, mentre l’Ecolabel è disciplinata dal regolamento (CE) n. 66/2010.

Sul testo è stato raggiunto un accordo provvisorio tra Parlamento e Consiglio, ma la votazione finale arriverà probabilmente a novembre. Una volta ottenuta l’approvazione, gli stati membri hanno 24 mesi per recepirla. La federazione di associazioni europee di consumatori Beuc, che aveva richiesto l’introduzione di questo tipo di regolamentazione all’inizio di quest’anno, ha salutato il testo come un netto passo in avanti nella difesa dal greenwashing, e uno stimolo per le aziende a continuare a ricercare pratiche di minor impatto ambientale. Lo ha sottolineato la sua direttrice Ursula Pachl: “Le diciture ambientali sono ormai ovunque, e il consumatore se le ritrova in tantissime tipologie di merci, dal cibo ai vestiti. Il risultato è una giungla nella quale spesso si disorienta, che ha come conseguenza una perdita di fiducia generalizzata. Finalmente si fa un po’ di ordine e si obbliga il produttore a spiegare perché e in che modo il suo prodotto è amico dell’ambiente”.

Il testo prevede anche una parte relativa alla durata dei beni, all’obsolescenza programmata, alle garanzie e alle relative etichette. La votazione arriverà in un Parlamento in scadenza, sotto gli occhi degli elettori che nella primavera del 2024 dovranno rinnovarlo, fatto che potrebbe avere effetti opposti, perché i parlamentari sono sensibili anche alle richieste delle aziende e, come abbiamo già raccontato per le questioni riguardanti l’allevamento e gli Pfas, negli ultimi mesi si sono visti diversi casi di annacquamento del ‘Green Deal’ e, più in generale, delle norme a tutela dell’ambiente. Secondo l’ultimo Eurobarometro però, più di tre quarti (77%) dei cittadini europei ritengono che il cambiamento climatico sia un problema cruciale e, probabilmente, buona parte di questi elettori non gradirebbero l’accondiscendenza dei politici nei confronti di chi fa solo finta di impegnarsi per ridurre le emissioni, e inganna i consumatori.

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