A chi non può essere data una delega di funzioni di sicurezza
I soggetti aziendali che non possono essere destinatari della delega prevista dall’art.16 D.Lgs.81/08 e i ruoli che non possono essere trasferiti o assunti mediante tale delega: la ratio della norma e i principi giurisprudenziali. (Puntosicuro)
Come noto, l’art.16 del D.Lgs.81/08 – che elenca i requisiti di sostanza e di forma della delega di funzioni di salute e sicurezza – non fa alcun riferimento esplicito ai soggetti aziendali che possono o non possono essere destinatari della stessa.
Con riferimento a questo tema, tale norma specifica però che il delegato deve possedere “tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate” (art.16 c.1 lett.b) D.Lgs.81/08).
In applicazione di questa previsione, è stato ribadito dalla Cassazione – con una sentenza di due mesi fa – il principio consolidato secondo cui “il mero rilascio di una delega di funzioni non è sufficiente per escludere la responsabilità del delegante in mancanza di elementi che depongano per l’effettiva competenza tecnica del delegato” e che “permane comunque in capo al datore di lavoro delegante […] un preciso dovere di individuare quale destinatario dei poteri e delle attribuzioni un soggetto dotato delle professionalità e delle competenze necessarie (culpa in eligendo)”( Cassazione Penale, Sez.IV, 25 settembre 2023 n.38913).
Sul tema dei poteri, l’art.16 del Testo Unico precisa poi che la delega deve attribuire al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate nonché l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni trasferite (art.16 c.1 lettere c) e d) D.Lgs.81/08).
Già queste condizioni poste dalla norma ai fini dell’ammissibilità della delega dovrebbero orientare il delegante verso una scelta oculata del delegato che escluda soggetti privi della professionalità ed esperienza richieste e che tenga conto del fatto che il delegato è concepito dal sistema giuridico come un soggetto al quale vanno trasferiti poteri di un certo livello di responsabilità, ovvero organizzativi, gestionali, di controllo, di spesa etc. in relazione alle funzioni delegate.
Accanto ai requisiti di sostanza della delega di funzioni previsti dall’art.16 D.Lgs.81/08, importanti indicazioni sui soggetti che non possono essere destinatari di una delega di funzioni prevenzionistiche si ricavano dalle caratteristiche intrinseche a tale strumento giuridico e dalla sua specifica funzione, essendo la delega “lo strumento con il quale il datore di lavoro – unico soggetto a ciò titolato ex lege, mentre non sono legittimati a esercitare la delega il dirigente e il preposto – trasferisce i poteri e responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad altro soggetto.” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 25 settembre 2023 n.38913).
Alla luce di tali premesse, occorre anzitutto sgombrare il campo da un fraintendimento nel quale ancora oggi capita ogni tanto (per fortuna sempre più raramente) di imbattersi, il quale consiste nell’idea – priva di qualsiasi fondamento giuridico – che con la delega di funzioni prevenzionistiche si possa trasferire la “datorialità”.
La realtà è invece rappresentata dal fatto che il conferimento da parte del datore di lavoro A di una delega di funzioni ai sensi dell’art.16 del D.Lgs.81/08 al soggetto B non rende e non può rendere quest’ultimo datore di lavoro.
Il soggetto che riceverà tale delega e la accetterà, infatti, diverrà un delegato, ricoprendo così una posizione di garanzia che può arrivare ad essere davvero molto ampia (ad esempio nel caso la delega abbia ad oggetto tutti gli obblighi delegabili) ma che non può mai arrivare a ricomprendere gli obblighi indelegabili (come dice la parola stessa!) che caratterizzano la figura del datore di lavoro.
Laddove permangano ancora fraintendimenti su questo punto, è opportuno che ad oggi vengano superati. E a ciò ci invita un’importantissima sentenza di quest’anno ( Cassazione Penale, Sez.IV, 27 febbraio 2023 n.8476), di cui consiglio la lettura integrale, con cui la Corte ha chiarito definitivamente che “la delega di funzioni prevista dall’art.16 del d.lgs n.81/2008 presuppone un trasferimento di poteri e correlati obblighi dal datore di lavoro verso altre figure non qualificabili come tali e che non lo divengono per effetto della delega.”
Il punto della questione è che, come riconosciuto dalla Suprema Corte stessa in questa pronuncia, occorre non farsi confondere dal fatto che “non di rado nella elaborazione giurisprudenziale relativa alla materia della sicurezza sul lavoro, peraltro, si usa il termine delega di funzioni anche quando si fa riferimento a deleghe gestorie”.
Ma – ribadisco – nonostante questo uso del linguaggio a volte ambiguo a cui fa riferimento la Suprema Corte, l’invito è a non confondere o sovrapporre la delega di funzioni prevenzionistiche prevista dall’art.16 D.Lgs.81/08 con la delega gestoria prevista dal codice civile.
La differenza sta essenzialmente in questo: “con la delega ex art.16 d.lgs n.81/2008 si opera il trasferimento di alcune funzioni proprie del ruolo datoriale; i delegati vengono investiti di poteri e di doveri dei quali sono privi a titolo originario. Di contro fra soggetti che sono a titolo originario titolari della posizione di datore di lavoro [ad es. i componenti di un consiglio di amministrazione, n.d.r.] non è concepibile il trasferimento della funzione, ma solo l’adozione di un modello organizzativo tale per cui taluni poteri decisionali e di spesa – se del caso anche quelli relativi alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori – vengono affidati alla gestione di alcuni tra i datori”.
Si è datori di lavoro quando ricorrono i presupposti previsti dall’art.2 c.1 lett.b) D.Lgs.81/08.
La pronuncia citata rappresenta un orientamento consolidato della Suprema Corte.
In tal senso, richiamo qui (per tutte) una sentenza dell’anno scorso ( Cassazione Penale, Sez.IV, 21 settembre 2022 n.34943), con cui la Corte ha ribadito che “non può costituire elemento sintomatico della costituzione di una posizione verticistica ovvero direzionale lo strumento delineato dall’art.16 D.Lsv.81/2008 che attiene al diverso ambito della delega di funzioni nel settore della prevenzione dei rischi in ambito lavorativo, che non determina il trasferimento della funzione datoriale, nella sua accezione gestionale e di indirizzo, né di regola, la costituzione di una posizione verticistica, ma risulta strutturato per sollevare il datore di lavoro da singoli incombenti in materia di sicurezza nel limitato ambito delle funzioni trasferite.”
Credo a questo punto che siano implicite ed intuitive le implicazioni pratiche ed operative – soprattutto nell’ambito delle organizzazioni complesse aventi uno o più stabilimenti qualificabili come unità produttive ai sensi dell’art.2 c.1 lett.t) D.Lgs.81/08 – legate all’applicazione di questo principio giurisprudenziale secondo cui la delega di funzioni prevenzionistiche comporta un trasferimento da parte del datore di lavoro di obblighi datoriali “verso altre figure non qualificabili come tali e che non lo divengono per effetto della delega.”
Passiamo ora alla figura del lavoratore.
La Cassazione ribadisce da tempo che l’attuazione degli obblighi in materia di sicurezza nell’ambiente di lavoro non è delegabile al lavoratore, il quale non può essere debitore e creditore degli stessi obblighi di garanzia della sua salute e sicurezza.
Cito qui ad esempio un caso in cui la Corte, applicando un principio consolidato, ha rigettato “la tesi difensiva secondo cui alla persona offesa sarebbe stata delegata l’osservanza delle norme a tutela della sua salute, sicché alla stessa dovrebbe imputarsi la responsabilità per l’infortunio patito, trattandosi di una tesi contraria alla ratio legis, la quale non prevede che l’attuazione degli obblighi in materia di sicurezza nell’ambiente di lavoro sia delegabile al lavoratore, non potendosi in capo a quest’ultimo riconoscersi al contempo la qualità di debitore e creditore dei doveri di sicurezza a garanzia della salute di sé medesimo” ( Cassazione Penale, Sez. IV, 4 dicembre 2009 n.46769).
Con riferimento poi alla figura del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, qualche anno fa la Cassazione Penale ha avuto modo di stabilire che,“per quanto riguarda gli “obblighi” di informazione, formazione e addestramento (art.36 e 37) essi fanno senz’altro capo al datore di lavoro e ai dirigenti come espressamente dispone l’art.18, lett.I, d.lgvo n.81 del 2008.
Né questi precisi obblighi potrebbero essere, neppure in astratto, oggetto di delega al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza perché, altrimenti, si verificherebbe una commistione di funzioni tra di loro inconciliabili (essendo alla figura prevista dall’art.50 affidate funzioni di controllo sull’adempimento degli obblighi datoriali) che negherebbe il sistema stesso delineato nella vigente normativa antinfortunistica” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 19 ottobre 2017 n.48286).
Per quanto attiene alla figura del Responsabile dei Lavori nei cantieri temporanei o mobili, la Suprema Corte ha avuto modo di specificare che, partendo dal presupposto che la normativa di salute e sicurezza “esonera il committente da responsabilità limitatamente all’ambito delegato al responsabile dei lavori”, di conseguenza “è da escludere che la delega in tema di sicurezza possa essere attribuita dal committente ad un responsabile dei lavori individuato nel datore di lavoro dell’impresa esecutrice. Una tale eventualità, infatti, riprodurrebbe ad un più alto livello di responsabilità, l’inconcepibile identificazione tra controllore e soggetto controllato per ciò che riguarda la sicurezza del cantiere” (Cassazione Penale, Sez. IV, 14 gennaio 2010 n.1490).
Vorrei concludere questa breve disamina, condotta come sempre senza la pretesa di essere esaustiva sull’argomento, con un riferimento alla importante distinzione tra l’individuazione del datore di lavoro o dei datori di lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni e la delega di funzioni prevenzionistiche ai sensi dell’art.16 D.Lgs.81/08.
Tale distinzione, che trova il suo fondamento nella definizione di datore di lavoro pubblico contenuta nell’art.2 c.1 lett.b) secondo periodo (cui si rinvia), è stata esplicitata ripetutamente dalla Cassazione, la quale ha avuto spesso modo di ribadire che “deve distinguersi il conferimento di una delega da parte del datore di lavoro ex art.16 Dlgs. 81/2008 rispetto alla designazione, nell’ambito della P.A., del datore di lavoro.”
Infatti, “si tratta di istituti distinti, per cui quest’ultimo esula dalla delega di funzioni, che presuppone la persistenza di due soggetti, delegato e delegante, tra cui si ripartiscono poteri anche alla luce dei limiti di delegabilità contemplati dall’art.17 del Dlgs.81/2008 dettato specificamente in materia.”
Conseguenza di tale presupposto è che “la designazione del datore di lavoro ex art.2 citato, nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, delinea l’individuazione di un’autonoma posizione datoriale, seppur conseguente ad un atto espresso di nomina ex art.2 Dlgs.81/2008 citato, in un quadro in cui la regola che limita la delegabilità di taluni obblighi propri del datore di lavoro ex art.17 suindicato non è applicabile alle pubbliche amministrazioni che abbiano proceduto alla individuazione del dirigente ai sensi dell’art.2 comma 1 lett.b) Dlgs. 81/2008 (cfr. Cass. sez. IV n. 40491 del 16.11.2010. Spiga; Cass. sez. IV n. 22415 del 27 maggio 2015 Borghi non massimate).” ( Cassazione Penale, Sez.III, 9 marzo 2021 n.9343).
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