Nel Mediterraneo è una specie aliena invasiva, introdotta attraverso le grandi navi cargo in arrivo dal continente americano. Si riproduce al ritmo di 2 milioni di uova per ogni femmina l’anno e mangia di tutto. (Wired)

L’invasione di granchio blu che sta colpendo i mari italiani è l’ennesimo esempio di come anche le più semplici azioni umane siano in grado di danneggiare gravemente ambiente ed ecosistemi. In questo caso, non sono servite emissioni o gas serra a creare un’emergenza, ma è bastata la noncuranza di liberare una specie non autoctona in un diverso sistema marino. Un errore ripetuto più volte nella storia umana.

Cosa sappiamo:

  1. Identikit del granchio blu
  2. La situazione in Italia

Identikit del granchio blu

Il granchio blu, granchio reale blu, granchio azzurro o Callinectes sapidus, se si vuole usare la terminologia tecnica, è un crostaceo decapode originario delle coste atlantiche di tutto il continente americano, dalla Nuova Scozia, a nord, fino all’Argentina, a sud. Vive tranquillamente a temperature comprese tra i 3 e i 35 gradi, si trova bene anche nell’acqua dolce dei fiumi, in quella salmastra delle paludi e si riproduce molto velocemente, ma soprattutto mangia qualunque cosa.

È un animale onnivoro che arriva a un chilo di peso, per 15 centimetri di lunghezza e 25 di larghezza, e si nutre di tutto quello che gli capita a tiro. Vongole, cozze, crostacei, uova e pesci, in particolare gli avanotti, cioè i pesci appena nati, andando così a intaccare direttamente la popolazione futura. Mentre per la propria sopravvivenza può contare su femmine in grado di deporre fino a 2 milioni di uova l’anno.

Nel suo habitat originario rappresenta una fonte importantissima di cibo per i suoi predatori naturali, cioè anguille, razze, squali, persici nei fiumi e, naturalmente, gli esseri umani. Ma se portato altrove, soprattutto in sistemi più piccoli e delicati del vasto oceano Atlantico, l’assenza di predatori e la sua capacità riproduttiva lo rendono una specie aliena invasiva in grado di decimare le specie locali.

La situazione in Italia

In questo modo non va solo a destabilizzare l’equilibrio dell’ambiente in cui è stato portato, in questo caso il Mediterraneo e in particolare l’Adriatico, ma anche a causare gravi danni economici al settore ittico. Secondo Fedagripesca-Confcooperative, il danno economico attuale causato dal granchio blu in Italia sarebbe già attorno ai 100 milioni di euro e solo rispetto al suo amore per le vongole.

Come in molti altri casi della storia, il granchio blu è arrivato in Italia via nave a causa del commercio internazionale, venendo caricato accidentalmente sui grandi cargo quando raccolgono acqua in stiva per equilibrare il natante. Il problema è che poi quest’acqua non è stata filtrata prima di essere riversata nel Mediterraneo a fine viaggio, lasciando liberi i granchi blu di invadere i nuovi fondali.

Una cosa simile accadde con i gatti in Australia, arrivati sull’isola perché parte dell’equipaggio dei velieri per evitare la diffusione di topi, hanno poi invaso e devastato numerose specie autoctone sul continente. Oppure con le nutrie, originarie dell’America meridionale e arrivate in Italia per errore. O ancora il pesce gatto, la sandra, il siluro o il pesce persico sole, introdotti nel nostro paese per la pesca sportiva e poi diffuse così tanto da aver portato sulla soglia dell’estinzione altre specie autoctone.

Per risolvere l’invasione del granchio blu, il governo italiano ha stanziato 2,9 milioni di euro in favore delle cooperative della pesca per tenerne sotto controllo la popolazione, aprendo anche una stagione straordinaria di pesca al granchio, fruttata già 326 tonnellate di raccolto solo in Veneto, secondo il Resto del Carlino.

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