Il preposto e i modi della vigilanza: la Relazione finale del Senato
Il numero di preposti da individuare, il tempo per il controllo, l’interruzione dell’attività, l’“illusione” del preposto di se stesso, la vigilanza verso chi opera fuori sede: le indicazioni della Commissione Parlamentare d’Inchiesta. (fonte Puntosicuro)
Si è già avuto ampiamente modo, in un contributo dell’anno scorso al quale si rinvia per approfondimenti, di parlare dell’obbligo del datore di lavoro e del dirigente di individuare formalmente il preposto o i preposti per l’attività di vigilanza (vedasi l’articolo “ Preposto individuato e preposto di fatto: chiarimenti. Il nuovo obbligo di individuazione dei preposti analizzato in relazione all’applicazione dell’art.299 sui ruoli di fatto: le indicazioni della Commissione Parlamentare di Inchiesta del 20 aprile, la normativa e la giurisprudenza”).
In tale approfondimento si era a suo tempo trattato il tema dell’individuazione del preposto alla luce delle norme di legge e della giurisprudenza ma soprattutto, a livello di interpretazione qualificata, dei chiarimenti forniti dalla Relazione Intermedia del 20 aprile 2022 della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati.
Nel presente articolo, si desidera completare l’analisi analizzando però, più in particolare, il tema delle modalità di esercizio dell’obbligo di vigilanza – con specifico riferimento ai “nuovi” obblighi del preposto e più in generale alla riforma normativa introdotta in materia alla fine del 2021 – alla luce e secondo le indicazioni della Relazione non più Intermedia bensì Finale approvata in via conclusiva dalla medesima Commissione il 26 luglio 2022 e comunicata alla Presidenza il 7 ottobre 2022.
Partiamo da una domanda banale ma sulla quale è sempre utile soffermarsi qualche istante. Cosa distingue e cosa accomuna datore di lavoro, dirigente e preposto?
La Relazione del Senato chiarisce che “mentre le prime due funzioni descritte, tipicamente svolte dai datori di lavoro e dai dirigenti, si distinguono dalle funzioni tipiche dei preposti, per essere connotate da autonomia decisionale, le attività di vigilanza di questi ultimi si caratterizzano per la mancanza dell’autonomia decisionale, poiché essi devono esclusivamente vigilare sul rispetto delle disposizioni autonomamente impartite da datori di lavoro e dirigenti.
Al contrario, le tre figure sopra descritte sono accomunate dall’essere tutte posizioni funzionali che operano nell’ambito di poteri di sovraordinazione gerarchica rispetto ai lavoratori.”
Focalizziamo a questo punto la nostra attenzione sui “nuovi” (rispetto al periodo precedente alla riforma della fine del 2021) obblighi del preposto.
Anzitutto – come ricordato dalla Relazione della Commissione – “il rinnovato articolo 19, rubricato «obblighi del preposto», contiene due importanti novità rispetto all’articolo 19 del decreto legislativo n.81 del 2008, precedentemente vigente prima della riforma.”
Più “in particolare, è stata modificata la lettera a) del comma 1 ed è stata aggiunta una nuova lettera f-bis).”
Come noto, il nuovo testo della lettera a) del comma 1 prevede quanto segue: “sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”.
Con riferimento a questo nuovo testo della lettera a) dell’art.19 D.Lgs.81/08, la Relazione della Commissione d’Inchiesta sottolinea che “le grandi novità rispetto al vecchio testo consistono nell’aver introdotto, tra gli obblighi di vigilanza e di sovrintendenza, l’intervento diretto del preposto sul lavoratore per fargli «modificare il comportamento non conforme, fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza» e «l’interruzione» da parte del preposto «dell’attività del lavoratore, in caso di mancata attuazione delle disposizioni a lui impartite o di persistenza della inosservanza».”
Veniamo ora alla nuova lettera f-bis) aggiunta ex novo all’interno dell’art.19 del Testo Unico, secondo la quale il preposto, deve obbligatoriamente, “in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”.
Secondo la Commissione del Senato, la lettera f-bis) aggiunta all’articolo 19 del D.Lgs.81/08 dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 “richiede al preposto da un lato un comportamento proattivo e se necessario interruttivo con riferimento alle «deficienze dei mezzi e delle attrezzature e di ogni condizione di pericolo», e dall’altro di adempiere all’obbligo aggiuntivo di «segnalare tempestivamente al datore di lavoro e dirigente le non conformità rilevate» ai fini di un loro intervento risolutivo.”
E – prosegue la Relazione sul punto – “ovviamente, sia le non conformità comportamentali rilevate, sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature devono essere state oggetto della formazione specifica ricevuta dal preposto (articolo 1, lettera g)).”
Fatte tali premesse, a questo punto la Commissione d’Inchiesta precisa che “la riforma introdotta dalla legge n.215 del 2021, che ha modificato il tipo di intervento richiesto dal legislatore al preposto nel caso che rilevi delle non conformità comportamentali dei lavoratori o non conformità di ambienti, macchine e attrezzature, non ha però modificato gli aspetti generali dell’istituto della vigilanza sotto il profilo organizzativo.”
In tal senso, “infatti, la riforma non ha innovato le regole in ordine al numero dei preposti che devono essere individuati dai datori di lavoro o dai dirigenti, né ha modificato la natura della vigilanza in ordine ai tempi da dedicare alle attività di controllo.”
La Relazione specifica che “nel primo caso, con riferimento al numero dei preposti da individuare, la materia continua ad essere completamente demandata alle scelte gestionali ed organizzative dei datori di lavoro e dei dirigenti, i quali potranno ampliare o diminuire il numero dei preposti sia sulla base della pericolosità delle lavorazioni da effettuare, pericolosità che deve essere ricavata dai documenti di valutazione dei rischi sia sulla base della concreta organizzazione di tale attività.”
Secondo la Commissione del Senato, per quanto concerne poi i “tempi da dedicare alle attività di controllo e, quindi, anche in ordine alla frequenza dei controlli da effettuare, la materia è demandata alle scelte gestionali ed organizzative dei datori di lavoro e dirigenti i quali, come nel primo caso, dovranno decidere tenendo conto della pericolosità delle lavorazioni da controllare.”
Si legge poi nel prosieguo della Relazione, che “a conferma dei su esposti principi, si segnala una importante pronuncia della Corte di cassazione che ha stabilito che «il compito del preposto non è quello di sorvegliare a vista ed ininterrottamente da vicino il lavoratore, ma di assicurarsi personalmente che questi esegua le disposizioni di sicurezza impartite ed utilizzi gli strumenti di protezione prescritti. Ciò il preposto può farlo anche allontanandosi dal luogo dove si trova il lavoratore, dedicandosi ad altri compiti di sorveglianza e di lavoro, purché quando effettua il controllo si assicuri in modo efficace (senza tollerare non conformità) personalmente e senza intermediazione di altri dell’osservanza degli ordini impartiti» (Cass. Pen. Sez IV, 12 gennaio 1988, n. 108, CED 177370, Grotti.)”
A parere della Commissione d’Inchiesta, “pertanto, si può concludere su questo punto riaffermando che l’obbligo di vigilanza non consiste in un obbligo di presenza continuativa di un preposto per ogni attività di lavoro.
Questo principio viene confermato in maniera inequivocabile anche per il fatto che quando la presenza di un preposto deve essere continuativa rispetto ad una attività di lavoro tale presenza continuativa viene espressamente prevista dalla legge, come nel caso di lavori di montaggio e smontaggio di opere provvisionali che a norma dell’articolo 123 del decreto legislativo n.81 del 2008 «[il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali] devono essere eseguiti sotto alla diretta sorveglianza di un preposto ai lavori».”
Inoltre – precisa la Relazione su questo tema – “la presenza continuativa di un preposto ai lavori delle ditte appaltatrici viene anche richiesta nel caso di lavori svolti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti (decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2011, n.177).”
Un ultimo passaggio del documento che richiamiamo qui (ultimo ma assai importante, al fine di evitare i fraintendimenti nei quali a volte capita di imbattersi) è il seguente: “rimane, in ogni caso, confermato che un lavoratore non può essere il preposto di sé stesso, per cui, nel caso di una impresa con un solo lavoratore il ruolo di preposto dovrà essere svolto dal suo datore di lavoro.”
E, a seguire, la Relazione della Commissione d’Inchiesta precisa che, “anche nel caso di un lavoratore o più lavoratori che normalmente vengano inviati ad effettuare lavori fuori sede senza un preposto, il datore di lavoro o i dirigenti dovranno organizzare un sistema di vigilanza random a cura di un preposto itinerante, in mancanza del quale l’obbligo di vigilanza di cui all’articolo 19, che è un obbligo irrinunciabile, ricadrà sui dirigenti o sullo stesso datore di lavoro.”
Non si dimentichi infatti che, come ricordato dalla giurisprudenza, ai sensi dell’art.18 D.Lgs.81/08 “il datore di lavoro può assolvere all’obbligo di vigilare sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedureche assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi (Sez.4, n.14915 del 19/02/2019, Arrigoni, Rv.275577).” (Cassazione Penale, Sez.IV, 17 gennaio 2020 n.1683).
In un’altra pronuncia la Suprema Corte chiarisce poi, con riferimento all’obbligo di vigilanza gravante sul datore di lavoro e sul dirigente, che, “quanto alle concrete modalità di adempimento dell’obbligo di vigilanza esse non potranno essere quelle stesse riferibili al preposto ma avranno un contenuto essenzialmente procedurale, tanto più complesso quanto più elevata è la complessità dell’organizzazione aziendale (e viceversa).”(Cassazione Penale, Sez.IV, 4 aprile 2019 n.14915.)
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