Un intervento si sofferma sugli aspetti medico legali relativi alle aggressioni e alle molestie sui luoghi di lavoro. Focus sulle conseguenze di aggressioni e molestie, sul mobbing e sulle malattie da stress. (Puntosicuro)

Come ricordato anche nei nostri articoli e interviste, sono troppi – ben 4800 nel triennio 2019- 2021, i casi accertati che sono imputabili a minacce e aggressioni sui luoghi di lavoro e che hanno interessato gli operatori sanitari. E quasi quattro su 10 nella fascia 35-49 anni.

In particolare il 37% è “concentrato nel settore assistenza sanitaria, che include ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari, il 33% nei servizi di assistenza sociale residenziale, che comprendono case di riposo, strutture di assistenza infermieristica e centri di accoglienza, mentre il restante 30% ricade nel comparto dell’assistenza sociale non residenziale”.

Inoltre il 71% ha riguardato le donne, mentre per entrambi i generi si rileva che il 23% dei casi interessa gli operatori sanitari fino a 34 anni, il 39% quelli da 35 a 49 anni, il 37% da 50 a 64 anni e l’1% oltre i 64 anni”. E oltre un terzo di questi casi riguarda infermieri ed educatori professionali.

A fornire questi dati connessi alle aggressioni e molestie, con riferimento al mondo sanitario, è la presentazione di un incontro di approfondimento, organizzato dal Comitato Consultivo Provinciale Inail di Monza in occasione della Giornata mondiale per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dal titolo “Minacce e aggressioni sui luoghi di lavoro”.

L’iniziativa si è tenuta, in modalità in presenza e online, il 28 aprile 2023 a Monza e ha affrontato il tema delle minacce e aggressioni sottolineando che la maggior parte di queste avviene in case di cura e ospedali e con prevalenza di vittime di sesso femminile.

Ci soffermiamo oggi in particolare su un intervento che mette in luce, non solo per il comparto sanitario, le conseguenze di aggressioni e molestie e alcuni aspetti legali e medici.

Questi gli argomenti affrontati nell’articolo di presentazione dell’intervento:

  • Le conseguenze delle aggressioni e delle molestie sui luoghi di lavoro
  • Gli aspetti medico legali, il mobbing e le definizioni
  • Gli aspetti medico legali, le malattie da stress e i criteri applicativi

Le conseguenze delle aggressioni e delle molestie sui luoghi di lavoro

L’intervento “Aspetti medico legali sulle aggressioni e le molestie sui luoghi di lavoro”, a cura della Dott.ssa Valentina Murgo (Dirigente Medico I livello, Inail Direzione Territoriale di Monza Brianza) indica che la violenza e le molestie “possono influire sulla salute psico-fisica, il benessere, la dignità, l’autostima e la situazione lavorativa delle vittime, che possono subire danni e problemi di natura psicologica (tra cui paura, tristezza, vergogna, impotenza, rabbia, stanchezza cronica, disperazione, ansia, depressione, problemi del sonno, disturbo da stress post-traumatico e aumento della propensione al suicidio) o fisica (come la perdita di forza fisica, disturbi muscoloscheletrici e un aumento del rischio di malattie cardiovascolari)”.

Senza dimenticare che la violenza e le molestie sul lavoro “possono avere effetti negativi anche sulla salute mentale e il benessere di altri individui, non direttamente interessati, quali, ad esempio, testimoni, colleghi, pazienti e clienti, nonché i familiari e gli amici delle vittime”.

Si ricordano poi i costi per le aziende che “discendono dall’assenteismo dei lavoratori, dall’aumentato ricambio del personale, dall’aumento dei costi di reclutamento, integrazione e formazione, dalla diminuzione della morale, delle prestazioni e della produttività, dal danneggiamento della reputazione, dall’aumento dei premi assicurativi”.

E la violenza e le molestie sul lavoro “possono anche avere conseguenze sulla società nel suo complesso, in termini di costi relativi a consulenze mediche, cure e/o riabilitazione, nonché spese per l’assistenza sociale e le prestazioni sociali dovute al pensionamento anticipato”.

Gli aspetti medico legali, il mobbing e le definizioni

Veniamo ad alcuni aspetti medico legali e, in particolare, all’indennizzo del danno biologico permanente a seguito di infortuni da aggressione e violenze o a seguito “di malattia professionale da insulti e aggressioni reiterate quali:

  • mobbing (bossing, mobbing orizzontale, doppio mobbing, associato a molestie)
  • disturbo dell’adattamento cronico
  • disturbo postraumatico cronico da stress.

A questo proposito si indica che “la malattia da stress non è sempre mobbing”.

Derivante dall’inglese ‘to mob’, ‘attaccare’, ‘accerchiare’, “non esiste una definizione univoca di mobbing che sia internazionalmente riconosciuta”. E nell’ambito dell’Unione Europea “è abbastanza frequente definirlo come ‘un comportamento ripetuto, immotivato, rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la sicurezza e la salute’, intesa sia in senso fisico che psichico”.

Si indica che in Italia, “anche per le implicazioni medico-legali e legali che il fenomeno può comportare, c’è la tendenza a valutare la ‘intenzionalità’ di chi lo attua e si preferisce definirlo come ‘una condizione di violenza psicologica, intenzionale e sistematica, perpetrata in ambiente di lavoro per almeno sei mesi, con l’obiettivo di espellere il soggetto dal processo o dal mondo del lavoro’”.

Si distinguono poi “due tipi di mobbing più comuni:

  • mobbing emozionale. Si scatena tra singole persone, più frequentemente tra capo e collaboratore (bossing), ma anche tra colleghi (mobbing orizzontale);
  • mobbing strategico. È attuato intenzionalmente dall’impresa (prevalentemente private) per promuovere l’allontanamento dal mondo del lavoro di soggetti diversamente scomodi”. 

Si segnala poi che secondo la Corte di cassazione, per ” mobbing” si intende “una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti:

  1. la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
  2. l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
  3. il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;
  4. la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio”.

Gli aspetti medico legali, le malattie da stress e i criteri applicativi

Veniamo poi alle malattie da stress (da rischi psico-sociali).

Si tratta di malattie non tabellate “per le quali vige l’onere della prova a carico del lavoratore (il lavoratore deve dimostrare la condizione stressante sul luogo di lavoro). Tali malattie sono inserite nella lista II (malattie la cui origine professionale è di limitata probabilità) ai fini della denuncia ex art. 139 del Dpr n. 1124/65 dal 2014”.

L’intervento si sofferma anche sui criteri applicativi relativi alla “tabella menomazioni danno biologico INAIL” con riferimento al D.Lgs n. 38/2000 e alle voci tabellate:

  • 180. Disturbo post-traumatico da stress cronico moderato, a seconda dell’efficacia della psicoterapia – Fino al 6 %
  • 181. Disturbo post-traumatico da stress cronico severo, a seconda dell’efficacia della psicoterapia – Fino al 15 %.

Per il danno biologico conseguente al Disturbo dell’adattamento cronico non sono previste autonome voci di menomazione”.

Si indica poi che la letteratura medico scientifica ha messo in evidenza “che la diagnosi di disturbo post traumatico da stress rappresenta una diagnosi estremamente rara per questo tipo di rischio e che pertanto assume maggior interesse epidemiologico a titolo di malattia professionale il disturbo dell’adattamento”:

Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento che si sofferma poi su varie definizioni e sugli aspetti connessi alla violenza contro gli operatori sanitari, con riferimento anche al D.L. 30/3/23 n. 34 che modifica l’art. 583-quater del codice penale.

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