Le emissioni italiane totali di gas serra, espresse in CO2 equivalente, sono diminuite del 19.9% tra il 1990 ed il 2021. (fonte Alimenti & salute)

Questa riduzione, riscontrata in particolare dal 2008, è conseguenza sia della riduzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali a causa della crisi economica e della delocalizzazione di alcune produzioni industriali, ma anche della crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e di un incremento dell’efficienza energetica.

Ha pesato inoltre il calo delle emissioni registrato a seguito della pandemia; l’aumento delle emissioni riportato nel 2021, in conseguenza della ripresa della mobilità e delle attività economiche dopo il periodo pandemico, si stima continui anche per il 2022 (per il 2022 14 le emissioni tendenziali di gas serra si stimano in linea con quanto emesso nel 2021).

Tra il 1990 e il 2021 le emissioni di tutti i gas serra sono passate da 521 a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

Il settore energetico contribuisce in maniera maggioritaria alle emissioni nazionali di GHG con una quota, nel 2021, del 79.7%. Le emissioni di questo settore sono diminuite del 21.8% dal 1990 al 2021. Scendendo nei dettagli, la CO2 mostra un decremento del 21.3% dal 1990 al 2021 e rappresenta il 96.6% del totale nel settore energetico; in termini di CO2 equivalente totale, il settore dei trasporti (31.0% del totale delle emissioni di energia) ha registrato un aumento dell’1.1 dal 1990 al 2021; si è inoltre osservato un aumento (pari allo 6.4%) delle emissioni negli altri settori, incluso il residenziale, che nel 2021 rappresentano il 25.0% del totale delle emissioni settoriali.

Le emissioni relative al settore processi industriali hanno mostrato una diminuzione del 18.9% dal 1990 al 2021. La decrescita delle emissioni è dovuta principalmente alla riduzione nel settore della chimica (dovuta alla tecnologia di abbattimento resa pienamente operativa nell’industria dell’acido adipico) e delle emissioni della produzione di minerali e metalli. Un notevole aumento è stato osservato nelle emissioni di gas fluorurati15 (circa 372%), il cui livello sul totale delle emissioni settoriali è del 50.5%.

Per l’agricoltura le emissioni si riferiscono principalmente ai livelli di CH4 e N2O, che rappresentano rispettivamente il 64.9% e il 33.7% del totale settoriale. La diminuzione osservata delle emissioni osservata nel periodo 1990-2021 (-13.2%) è principalmente dovuta alla diminuzione delle emissioni di CH4 da fermentazione enterica (-14.2%), che rappresentano il 44.7% delle emissioni settoriali, e alla diminuzione di N2O dai suoli agricoli (-7.8%), che rappresenta il 28.2% delle emissioni settoriali. Per quanto riguarda l’uso del suolo, il cambiamento di uso del suolo e la silvicoltura, dal 1990 al 2021 gli assorbimenti totali in CO2 equivalente sono notevolmente aumentati; la CO2 rappresenta la quasi totalità delle emissioni e degli assorbimenti del settore (95.2%).

La gestione degli allevamenti rappresenta il peso maggiore in termini emissivi del settore agricoltura, contribuendo con circa il 75% di emissioni, generate dalla fermentazione enterica delle razioni nell’apparato digerente del bestiame, e, in particolare, dei ruminanti, dalla gestione delle deiezioni negli stoccaggi, dallo spandimento e dalla deposizione al pascolo dei reflui zootecnici.

Uno dei principali driver di riduzione delle emissioni dovute agli allevamenti (scese del 15% rispetto al 1990) è la riduzione del numero dei capi e in particolare dei bovini: tra il 1990 e il 2021 le consistenze si sono ridotte del 24% (passando da 7.8 a 5.9 milioni di capi), in particolare le vacche da latte sono diminuite del 39% e gli altri bovini sono scesi del 17%. Considerando la categoria dei suini, che insieme ai bovini rappresenta circa l’80% delle emissioni di gas serra dovute agli allevamenti, i capi sono invece tornati complessivamente ai livelli del 1990, aumentando dello 0.02% (determinato da una riduzione delle scrofe del 15% e un aumento degli altri suini dell’1.3%, considerando anche i suinetti minori di 20kg), per raggiungere nel 2021 circa 8.4 milioni di capi.

Nel 2021, la gestione delle deiezioni è responsabile del 20% delle emissioni totali del settore agricoltura. Dal 1990 al 2021, si è registrata una riduzione del 17% anche dipesa dalla digestione anaerobica dei reflui zootecnici per la produzione di biogas, che si è diffusa in Italia a partire dal 2008 sulla spinta di un sistema incentivante per gli impianti non superiori ad 1 MW di potenza. Nel 2021, secondo i dati TERNA, sono quasi 1800 gli impianti alimentati con matrici organiche, costituite anche da reflui zootecnici, per un ammontare stimato pari a circa 16 milioni di tonnellate (che rappresentano il 16% della produzione totale annua di deiezioni di bovini, suini e avicoli). Tramite la digestione anaerobica si evita la dispersione del metano in atmosfera, prodotto dalla decomposizione dei reflui zootecnici durante lo stoccaggio, che invece viene recuperato per produrre energia, ed inoltre si riducono le emissioni di protossido di azoto, dovute ai processi di nitrificazione e denitrificazione dell’azoto contenuto nei reflui zootecnici.

Continuando ad analizzare l’impatto emissivo delle categorie del settore, nel 2021, l’applicazione dei fertilizzanti sintetici contribuisce all’8.7% delle emissioni del settore; un altro 9.1% deriva dall’apporto di azoto dei residui colturali interrati nei suoli agricoli e da altre fonti azotate ai suoli (apporti di altri fertilizzanti organici, suoli organici, applicazione sui suoli dei fanghi di depurazione delle acque reflue); un ulteriore 5% è determinato dalla coltivazione del riso; il restante 1.5% deriva dalle emissioni di CO2 dovute all’applicazione di urea e carbonati ai suoli e dalla combustione dei residui agricoli.

Le emissioni dovute all’applicazione dei fertilizzanti sintetici (che rappresenta la categoria più emissiva dei suoli agricoli) si sono ridotte del 29% rispetto al 1990 (considerando le emissioni dirette e indirette di N2O) e ciò è dovuto al minore utilizzo di questi prodotti (-34%) anche a fronte di un maggior impiego di fertilizzanti organici e ammendanti. Il consumo di urea, che rappresenta il concime sintetico più utilizzato, è diminuito nel 2021 dell’11% rispetto al 1990 e del 12% rispetto al 2020: la riduzione dell’ultimo anno è dovuta principalmente all’aumento del costo delle materie prime (gas naturale), che ha portato il principale produttore nazionale a sospendere la produzione per un certo periodo dell’anno.

Infine, le emissioni del settore rifiuti sono aumentate del 6.3% dal 1990 al 2021, principalmente a causa dell’aumento delle emissioni da smaltimento in discarica (14.7%), che rappresentano il 77.6% delle emissioni dei rifiuti. Il gas serra più importante in questo settore è il CH4 che rappresenta il 91.9% delle emissioni settoriali e registra un aumento del 7.1% dal 1990 al 2021. I livelli di emissione di N2O sono aumentati del 33.2%, mentre la CO2 è diminuita dell’83.2%; questi gas rappresentano rispettivamente il 7.7% e lo 0.4% nel settore.

Le categorie emissive che contribuiscono maggiormente alle emissioni totali di gas serra sono quelle del settore Energia: industrie energetiche, manifatturiere, i trasporti ed il residenziale e altri settori responsabili, complessivamente, di quasi l’80% delle emissioni totali nazionali nel 2021. Il settore Agricoltura e le categorie emissive dei Processi industriali ed uso di altri prodotti (IPPU) sono responsabili del 7.8% e 7.6%, rispettivamente, mentre il settore Rifiuti contribuisce al restante 4.8% alle emissioni totali.

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